top of page

LA DONNA CHE DISSE NO

​

​

​

​

​

​

​

​

​

​


 

 

Testo e regia Pierpaolo Saraceno
Con Pierpaolo Saraceno e Mariapaola Tedesco
Musiche originali Concetto Fruciano
Luci Matteo Filidoro
Aiuto regia Mariapaola Tedesco
Foto Francesco Falciola
Direzione tecnica Massimiliano Boco
Produzione Onirika del Sud

​

Quello di Franca fu il primo vero rifiuto al matrimonio riparatore. Divenne simbolo della crescita civile dell' Italia nel secondo dopoguerra e dell'emancipazione delle donne italiane. Nel 1965, a soli diciassette anni, venne rapita da Filippo Melodia, nipote del mafioso Vincenzo Rimi, e da altri suoi amici. Franca fu abusata in quegli otto giorni in cui fu rapita. Il padre fu contattato dai parenti di Melodia per la cosiddetta "paciata", ovvero per un incontro volto a mettere le famiglia davanti al fatto compiuto e far accettare ai genitori di Franca le nozze dei due giovani. Secondo la morale del tempo, una ragazza uscita da una simile vicenda, avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo rapitore, salvando così  l' onore suo e quello della sua famiglia. All'epoca, inoltre, la Repubblica italiana proteggeva con l'articolo 544 del codice penale, il reato di violenza carnale, il quale veniva estinto se l'aggressore sposava la sua vittima. Franca Viola si rifiutò di sposare Melodia e non solo nel 1981 l'articolo 544 venne abrogato e solamente nel 1996 lo stupro sarà legalmente riconosciuto in Italia non più come un reato "contro la morale", bensì come un reato "contro la persona".
Una continua lotta tra un vero ed ingenuo amore ed un matrimonio riparatore da parte della Mafia Siciliana. Un mix di prosa, musica e crudi movimenti corporei evidenziano ancor di più quelli che furono i primi fiori di acciaio ad uralre "NO", per difesa della propria dignità e della propria persona. Un'unica voce condurrà il prossimo a gridare una sola parola: Libertà. Una sola luce, un solo riflesso, un grido per educare una sessualità dolce e matura, per superare tabù e contribuire a sconfiggere definitivamente ill maschilismo ancora imperante, nel ricordo di tante altre vittime di questa cultura di dominio e di sopraffazione e far conoscere ciò che ha caratterizzato, nel 1965, la terra tradita, amata e da tanti ricordata. Un forte e spietato messaggio in tempi in cui il femminicidio, lo stupro, la violenza sulle donne non smettono di caratterizzare negativamente la nostra società, in ogni parte.


Note di regia
Essere Franca significa andare controcorrente, contro le regole stabilite dal popolo di quel tempo, siamo nel 1965; allontanarsi dal moralismo e dall'ipocrisia di certi ambienti tranquilli e puliti dove l'orrore c'è, ma è ben custodito lontano dalla vista. Essere Franca significa provare l'ebbrezza della libertà, reggere il sacrificio della coraggiosa scelta, mettere in discussione l'esistenza di Dio.  Un oscuro circo a ciel sereno, all'interno del quale ci si ama e ci si odia. L'Opera si apre con un sogno premonitore. La vera protagonista è solo una bambola, che assorbe tutta la storia di Franca. Filippo, uomo dalle mille maschere, è solo un'intermediazione tra ciò che sta sul palcoscenico e gli spettatori.  Un uomo appeso ad una quarta parete, in un continuo oscillare tra bene e male, tra amore e odio, tra libertà e incatenamento. Sul proscenio, esposti gli oggetti di un'ingenua fanciulla come simbolo di un passaggio temporale, che alla fine si rivelano come uniche cose pulite ed immutate. Un vestito da sposa come simbolo della sua verginità e del suo desiderio di matrimonio si contrappone ad un luttuoso abito nero, simbolo di un'atroce morte morale. Franca va spavalda incontro alla morte e se ne frega di finire tra le braccia della "Cosa Nostra" di quel tempo. La musica "meridionale" che evidenzia lo sfruttamento delle donne, scava l'anima dello spettatore portandolo ad elaborare il vero concetto del tragico. Una sacra musica orchestrale, paragonabile a quella del Cristo Morto, durante le processioni pasquali del sud Italia. Penso che tale Opera sia un'interpretazione della realtà dove il paesaggio povero e scarno, è macchiato da qualche pennellata surreale. Una storia da conoscere e far conoscere. Liberamente tratta dalla vera storia di Franca Viola.

​

​

DSC_8093.JPG
bottom of page